I topi campagnoli

 
I topi campagnoli mantennero la promessa, e restituirono, per il ferragosto, la visita ai loro parenti di città. Era tanto tempo che sentivano parlare delle delizie gastronomiche della città, che non vedevano l’ora di andare a gustarle.
Pensate, tutti i santi giorni, radici, radici, e radici! A colazione, radici; a pranzo, radici; a cena, radici! A scuola, poi, radici quadrate e radici cubiche … Che barbe quelle radici!
Mai un pezzetto di lardo, mai un cantuccio di formaggio, mai una fettina di salame, mai un foglio di carta! Adesso , se Dio vuole, andranno, finalmente, a cavarsi tutte le voglie. Il lardo, il cacio, i due sogni della loro vita, stavano per avverarsi.
Il programma della gita era quanto mai allettante:
Ore 4: il canto del gallo.
Ore 5: levata del sole
Ore 6: partenza a piedi per la città.
Ore 7: arrivo in città. Ricevimento offerto dalla nobile famiglia Topi.
Ore 8: visita ai principali monumenti. Prima colazione, in una salumeria.
Ore 9: seconda colazione, in una bottega di cenciaiolo.
Ore 10: colazione al sacco, in un granaio.
Ore 11: pranzo alla carta, in una biblioteca.
Ore 12: pranzo, in un albergo.
Ore 13: terzo pranzo, in una casa privata.
Ore 14: visita ai giardini pubblici.
Ore 15: quarto pranzo, in una drogheria.
Ore 16: quinto pranzo, nell’aula magna dell’università.
Ore 17: ritorno in campagna.
Ore 19: arrivo
Ore 20: tramonto del sole.
Ore 21: concerto di grilli e ranocchi.
Il giorno fissato, alle 6 del mattino, il topo, la topa, i topolini e le topoline, lavati, lisciati, pettinati, arricciati, s’avviarono verso la città, saltando dalla contentezza. Arrivati nella metropoli, furono ricevuti dal signor Rodilardo, che li salutò a nome della nobile famiglia Topi, che non aveva potuto venire ad incontrarli, per gravi impedimenti sorti all’improvviso
Il signor Rodilardo raccomandò ai gitanti d’esser prudenti, perché c’era in giro una banda di gatti
Ma cosa sono questi gatti? Domandarono i topi.
Come? Non lo sapete? Sono piccole tigri domestiche, ferocissime, che ce l’hanno a morte con noi topi.
Se avessimo saputo che in città ci sono queste bestie, non saremmo venuti certamente. Ah!, no! Alla larga!
Siate prudenti, ripeto, e non vi accadrà nulla di male.
Il signor Rodilardo si offrì, gentilmente, di guidarli nella visita ai monumenti, e distribuì loro la carta della città, che i campagnoli divorarono in un batter d’occhio. I gitanti rimasero a bocca aperta, a vedere case, i tram, i fanali della luce elettrica; ma quello che più li colpì furono le botteghe di generi alimentari. Quanta buona roba!
Entrarono, senza farsi vedere dal padrone in una salumeria. Che spettacolo! Salsiccie lunghe come treni, mortadelle grosse come cupole, forme di cacio che parevano macine,
fette di lardo alte come muraglie, montagne di strutto e di burro. Qui fecero la prima colazione. Pensate che mangiata|
Usciti dalla bottega, andarono a vedere una gabbia, tristemente famosa nel mondo dei rosicanti. Per quanto il signor Rodilardo raccomandasse di non entrarvi, un topolino, disubbidiente, entrò, ma non poté più uscire: era una trappola! E uno!
I topi, un po’ sconcertati, per quell’incidente, si recarono a visitare il magazzino di un cenciaiolo, pieno di stracci, scarpe vecchie e cartaccia. Qui fecero la seconda colazione con una polverosa ciabatta che spolverarono in pochi minuti. Poi andarono a vedere la stazione. Un topolino si mise a rosicchiare un pezzo di lardo che pendeva dalla tettoia, il filo scattò, la saracinesca si abbassò rapidamente, e il sorcetto rimase prigioniero. E due!
Ma che stazione d’Egitto! – gridavano i gitanti – questa è una trappola! 
I topi, turbati per questo secondo incidente, andarono a visitare un granaio, e qui fecero colazione al sacco … di frumento. Poi entrarono in un cinematografo. Un sorcetto vide nel mezzo della sala buia un pezzo di formaggio, accorse, e si mise tranquillamente a rosicchiarlo, ma un grosso filo di ferro ripiegato a occhio, scattò, e il golosaccio rimase strozzato. E tre! Ah, questo è un cinematografo? – gridavano i topi infuriati – questa, caro signor Rodilardo, è un’altra trappola!
Dal cinema, passarono in una biblioteca, dove pranzarono alla carta. Gustarono molto un libro in pergamena. Con miniature, e un manoscritto di Galileo. In una sala c’era un pezzo di gesso rappresentante un gatto dormiente. – Guardate che lavoro meraviglioso – diceva la guida – il gatto sembra vivo. I topi si misero a ballargli intorno; il gatto si svegliò, soffiò, fece un balzo, e ne acchiappò uno. E quattro!
Usciti dalla biblioteca, si recarono in un albergo, entrarono nelle credenze, e vi fecero un secondo pranzo. Un ghiottone entrò nella sala da pranzo, e ordinò delle polpettine. Dopo pochi minuti si torceva dai dolori. E cinque! Le polpette erano di pasta per avvelenare i topi. Accidenti al cuoco!
Gli altri, intanto, erano saliti nei piani superiori, e scorazzavano allegramente per le stanze e i corridoi, con grande spavento delle signore e delle cameriere. Il direttore ne prese uno, e lo consegnò direttamente ai carabinieri dicendo ch’era un topo di albergo. E sei!
Dall’albergo passarono a visitare la cucina d’ una famigliola, dove fecero il terzo pranzo, leccando piatti, scodelle, tegami e padelle. Finita la pacchiata, andarono unti e bisunti, a visitare i giardini pubblici. Mentre i topi stavano col musetto per aria  a contemplare una palma, questa si abbassò improvvisamente, e ne schiacciò uno. E sette!
Ah, qui le chiamano palme? Si vede che di piante non se ne intendono! Da noi le chiamano scope.
Alcuni topolini, credendo di essere in campagna, si misero a correre sui prati e sulle aiole, a tuffarsi nelle vasche della fontana e dei pesci rossi, ad arrampicarsi su per gli alberi, e a fare mille birichinate. Un sorvegliante ne prese uno e lo portò al mandamento. E otto!
Nella bottega di un droghiere, fecero il quarto pranzo, con cioccolata, biscotti, marmellata, zucchero, ecc. Gustarono molto i cioccolatini con dentro il rosolio. Altro che le radici e i vermi! Ne fecero una scorpacciata. Un topolino volle fare un bagno in una latta di petrolio e morì miseramente. E nove!
La guida li condusse poi a visitare l’università, dove un professore stava spiegando agli studenti che il topo campagnolo (Avicola arvalis) arreca gravi danni all’agricoltura. Mentre gridava: - i topi, ecco il nemico! – la nostra comitiva, di nulla sospettando, entrò nell’aula magna, per consumare il quinto pasto, col pane della scienza. A quella vista il professore, gli studenti e i bidelli, armati di bastoni e scope, e lanciando alte grida, si diedero alla caccia dei topi, e ne uccisero uno, che andò a finire, più tardi, nel museo della scuola, in un vaso di spirito. E dieci!
I topi scapparono in un teatro, pieno di donne accorse a sentire la conferenza d’una famosa cacciatrice di leoni. Immaginate che passeraio! Nei punti più salienti del discorso, le donne battevano le mani, e gridavano: morte ai leoni! Quando i topi entrarono nel teatro la scena mutò a un tratto: - I topi! I topi! – La cacciatrice di leoni e molte signore svennero, le altre fuggirono, strillando come galline spennate vive. – I topi! I topi! –
I topi, rimasti padroni del campo, si misero tranquillamente a cenare, rosicchiando tutte le corde degli strumenti ad arco. Il cane del teatro ne prese uno. E undici!
Prima di ripartire il Signor Rodilardo, che aveva aderenze cospicue, fece liberare tutti i topi presi nelle trappole o fatti prigionieri.
Alle 17 abbandonarono la città e si diressero verso le loro tane, stanchi, arruffati, impolverati. Che gita disgraziata! – dicevano i topi campagnoli – viva la campagna, dove non ci sono né gatti, né cani, né trappole, né scope, né pasta avvelenata, né vasi di spirito,né latte di petrolio … né gite di ferragosto!
Cenarono, come al solito, coi vermi e le radici, che trovarono, quella sera, saporitissimi.